Il 16 febbraio, il Proprio della Diocesi di Rieti fa memoria di Filippa Mareri, prima santa dell’Ordine francescano, stabilendone la Solennità in Borgo San Pietro, la Festa nel Cicolano.
Le nove lezioni dell’Officium beatæ Philippæ espongono accuratamente per Filippa, nata nel 1190 presso il castello avito di Petrella primogenita da Filippo ed Imperatrice Mareri, tutti gli stereotipi della letteratura agiografica tardomedievale: i presagi che accompagnano la nascita, i tratti del puer senex che prefigurano un destino di santità, il rifiuto delle nozze terrene per aderire alle nozze mistiche, la disobbedienza nei confronti dei familiari legittimata dall’obbedienza ad un mandato di ispirazione divina si ritrovano come motivi ricorrenti fin dalle passiones dei primi secoli, da cui filtrano negli stilemi delle legendæ e degli officia.
Prima ancora della sua nascita, la madre Imperatrice presagì le virtù straordinarie manifestate nella prima giovinezza: il rifiuto delle nozze per aderire alla promessa pronunciata nei confronti dello Sposo mistico, l’atto simbolico del taglio dei capelli, l’isolamento nel silenzio e nella meditazione, dapprima in casa propria dove visse reclusa tra il 1217 e il 1218, più tardi nell’eremo di San Nicola.
Rifiutando il matrimonio, che avrebbe consolidato gli interessi politici dei Mareri già infeudatisi dal XII secolo nel Cicolano, l’antica Val di pietra solcata dalle acque gelide del fiume Salto destinata a fare per secoli da cerniera fra il Regno di Napoli ed il Patrimonio di San Pietro, la giovane si ostinò nel suo proposito di condurre austera vita monacale.
Dopo alcuni mesi trascorsi nella propria stanza del castello, in contrasto con la famiglia Tommaso Filippa si rifugiò presso l’eremo di San Nicola de gripta insieme alle sue compagne Elisabetta, Maria e Milica, anch’esse componenti nel lignaggio dei Mareri.
Di fronte alla determinazione manifestata attraverso la rigorosa esperienza eremitica, i fratelli Tommaso e Gentile si risolsero a riconoscere e sostenere la piccola comunità formata dalle quattro donne di famiglia: Filippa avrebbe potuto avere un proprio feudo, la pieve di San Pietro de Molito con la terra di Casardita sotto l’autorità del vescovo di Rieti.
Consapevole di dover rinunciare all’ideale pauperistico per assolvere ai suoi obblighi di feudataria, Filippa subordinò il suo assenso all’approvazione della Santa Sede: nel settembre 1228, dopo avere ottenuto l’approvazione dell’autorità vescovile, l’atto di donazione del borgo di Casardita fu rogato dal notaio Giovanni di Vallebona.
Papa Gregorio IX, che un tempo era stato protettore dell’Ordine nascente, fra il 1234 ed il 1235 confermò le costituzioni del monastero di San Pietro de Molito, dove Filippa morì in concetto di santità, il 17 febbraio 1236.
Filippa Mareri era così la baronessa del feudo e la badessa della comunità che adattò alle proprie esigenze la Regola dettata da San Francesco d’Assisi, solo apparentemente discostandosi dall’ideale pauperistico dell’Ordine interpretandone lo spirito cavalleresco, che con reciproco vantaggio va con le strategie signorili di Tommaso Mareri esercitando un’attiva tutela nei confronti della popolazione del borgo di Casardita e delle plebi del Cicolano.
Per secoli la comunità femminile di Borgo San Pietro prosperò secondo i dettami di Santa Filippa.
Nel 1916, l’ingegnere Guidi Rimini progettò l’invaso delle dighe del Turano e del Salto. L’imponente progetto di sfruttamento idroelettrico fu inaugurato nel 1939. La formazione del vasto invaso artificiale del Salto rese necessario ricostruire a monte l’abitato di Borgo San Pietro, sacrificando alle acque l’antico monastero fondato nel 1228 da Filippa Mareri.
Dopo aspre polemiche che opposero alla Società Terni la popolazione, di fatto danneggiata dalla realizzazione della diga, delusa dal progetto del nuovo monastero e della parrocchiale ad esso annessa, finalmente si ottenne dalla Soprintendenza l’assicurazione che la cappella di Santa Filippa sarebbe stata smontata e ricostruita, pietra su pietra, all’interno del complesso di nuova costruzione. Si giunse così al 4 novembre 1940, quando ormai le acque del lago lambivano le fondamenta del vecchio insediamento monastico: in processione solenne, vennero traslate le spoglie della Santa alla presenza del Visitatore Apostolico della Missione dei Servi di Maria padre Anacleto Milani, del francescano padre Aniceto Chiappini in rappresentanza del Generale dell’Ordine dei Minori, del vescovo monsignor Massimo Rinaldi fra due ali di fedeli che nel corso dei secoli avevano trovato nel monastero di Santa Filippa l’elemento primario, costitutivo dell’identità locale. A cura di Ileana Tozzi.