Le sagrestie della chiesa di Santa Barbara in Agro custodiscono due tele dei secc. XVII-XVIII, entrambe ispirate alla devozione per la Vergine Maria: si tratta di una grande Madonna in maestà (foto sotto) riconducibile alla bottega di Lattanzio Niccoli e di una più modesta Madonna Incoronata (foto sopra) di cui s’ignora la provenienza.
È plausibile supporre che siano appartenute alla vetusta chiesa di Santa Maria in Campo Reatino, costruita dopo che si diffuse nella piana la venerazione per una miracolosa immagine della Vergine, custodita in una edicola. Ne parlano le Riformanze, che al 14 giugno 1468 annotano la deliberazione del commissario apostolico monsignor Baldassarre da Pescia di affidare la raccolta e la custodia delle elemosine a sei cittadini, eletti in rappresentanza di ciascuno dei sestieri, perché provvedessero alla costruzione di una chiesa rurale intitolata alla Madonna.
La chiesa, di proprietà del Capitolo della Cattedrale, risulta costruita entro il 1490 ed affidata alla custodia di un eremita.
Gli Atti della Visita Apostolica condotta da monsignor Pietro Camaiani fra il dicembre 1573 e l’aprile 1574 registrano lo stato della chiesa, allestita decentemente e dotata di tre altari: l’altare maggiore con l’immagine della Madonna, l’altare a cornu Epistulae dedicato a San Girolamo, l’altare a cornu Evangelii dedicato alla Pietà.
Nel 1620, il Capitolo della Cattedrale cedette la piccola chiesa rurale ai Padri della Dottrina Cristiana, con l’incarico che si impegnassero ad istruire i figli dei contadini.
L’11 marzo 1621, i Padri Dottrinari presero possesso della chiesa impegnandosi al pagamento annuo di una libbra di cera da conferire alla Cattedrale in occasione della festività dell’Assunta.
Dopo la soppressione della congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana, la chiesa di Santa Maria in Campo Reatino fu officiata dai Chierici Ministri degli Infermi, che la adibirono alla mansione di chiesa cemeteriale.
La datazione delle due tele di ispirazione mariana suggerisce che queste potrebbero riferirsi al duplice passaggio di consegne dal Capitolo della Cattedrale ai Padri della Dottrina Cristiana, già titolari della chiesa e del complesso di San Paolo, e da questi ultimi ai seguaci di San Camillo de’ Lellis.
In particolare, la grande tela raffigurante la Madonna con il Bambino Gesù benedicente in un tripudio di angeli, assisa su una folta nube ovattata, presenta i tratti propri della maniera del cavaliere fiorentino Lattanzio Niccoli: il fondale compatto, privo di riferimenti paesaggistici ma circonfuso da un’intensa luminosità, la fisionomia degli angeli e del Bambino Gesù dai tratti marcati e dalle testine ricciute, la gestualità vivace, enfatica dei personaggi che affollano la scena sono infatti elementi ricorrenti nella composizione delle opere migliori di questo artista.
Più difficile ipotizzare un’attribuzione per la tela della Madonna Incoronata, certo convenzionale nell’impianto e nelle scelte cromatiche, ma gradevole ed armonioso nella semplicità espressiva del gesto benedicente del Bambino Gesù, nello sguardo velato della Vergine, presaga della sorte terrena del Figlio, cui porge la croce.
A cura di Ileana Tozzi