La città di Reate fu collegata a Roma fin dal III secola a.C. mediante una via strata, cioè lastricata perché considerata una arteria di grande interesse economico e strategico.
La Salaria, asse di congiunzione fra i due mari, fu, nell’ordine, la quarta fra le grandi vie di comunicazione: essa consentiva il collegamento fra le saline di Ostia e le costiere adriatiche, garantendo alle popolazioni appenniniche il costante approvvigionamento del sale, necessario alla conservazione delle carni. La Salaria varcava il ponte sul fiume Velino e, nel suo tratto interno all’abitato reatino, ne tracciava il cardo e il decumanus.
La città romana era circoscritta da una chiostra di mura erette in età repubblicana: questa si sviluppava secondo una linea perimetrale oblunga, che delimitava la parte più elevata dell’arx. Ad occidente si apriva la porta Quintia o Cintia, ad oriente la porta Interocrina o Carana, a meridione la porta Romana, aperta sul viadotto di accesso alla città.
Il tracciato più antico delle mura, che alternava tratti in muratura a veri e propri terrapieni, è ancora parzialmente individuabile nelle costruzioni di epoche posteriori che vi hanno fondato i basamenti o ne hanno utilizzato i materiali: in particolare, lungo il tratto superiore di via San Francesco si osservano le imponenti sostruzioni dell’antico terrapieno di età romana, mentre presso l’antica porta Accarana (tratto di via del Vignola) si trova una serie di blocchi di pietra riutilizzati alla base di un torrione di cinta.
In uno di essi è leggibile, capovolta, l’ iscrizione latina C.CALVIVS. Il circuito medievale delle mura si sviluppò a partire dal XIII secolo lungo l’asse settentrionale, da est ad ovest, fino a ricongiungersi con il corso del fiume, che costituiva una valida barriera naturale, unendosi al canale artificiale della Cavatella.
Lungo il tracciato medievale, si aprivano numerose porte, scomparse nel corso dei secoli: a sud, oltre alla nuova Porta Romana, più avanzata rispetto all’antico accesso, porta Sant’Antonio e porta Arringo o Aringo; all’interno, era la porta di Ponte, collegata alla torre del Cassero, demolita nel 1883; ad est, nei pressi della Porta d’Arce, si trovavano nell’ordine porta Cordale, porta San Benedetto e porta San Leonardo; dopo porta Conca, si incontravano la porta Leporaria e la porta San Giovanni; dopo porta Cintia, infine, ad ovest si apriva porta Sant’Agnese, detta anche porta Santi Apostoli.
Il lato settentrionale delle mura, il più munito insieme con la porta d’Arci, era delimitato all’interno da una carbonaia, all’esterno da un ampio antemurale.
All’interno del circuito di mura, la forma urbis assunse le caratteristiche peculiari dell’abitato medievale, infittendo lo schema ortogonale romano mediante un intricato reticolo di vie. L’antico cardo prese il nome di via di Ponte, poiché sulle spallette del ponte romano vennero aperti banchi di vendita e piccole botteghe dagli infissi di legno.
L’approvvigionamento di merci era costantemente assicurato dai fondachi di via del Porto, immediatamente retrostanti alla via principale. Il decumanus, disposto secondo l’asse orientale, prese la denominazione di via degli Abruzzi, i cui confini scorrevano a poche miglia dalla porta d’arce, che assicurava da est l’accesso alla città.
A cura di Ileana Tozzi
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