La Madonna lignea proveniente dalla chiesa della Madonna della Neve a Sambuco di Fiamignano, che Luisa Mortari volle depositare presso la Curia di Rieti, a tutt’oggi viene riconsegnata ai santesi all’approssimarsi della festività del 5 agosto per essere portata a braccia lungo le strade del paese all’interno di una bussola che la protegge dalle intemperie e dai rischi di un’esposizione incontrollata, è coeva alla costruzione della chiesa, una solida pieve rurale in muratura mischia, dal tetto a spioventi sovrastato dal campanile a torre, la facciata semplice e linda su cui si dispongono con ordine il portale, l’oculo, le due monofore, l’oculo, l’edicola profilati in pietra.
Qui, alla metà del XX secolo, giunse a piedi Luisa Mortari, la storica dell’arte che in collaborazione con il vescovo Raffaele Baratta s’impegnò nella ricognizione sistematica, nel restauro e nella valorizzazione del patrimonio artistico diocesano, rinvenendo con comprensibile stupore la pregevole Madonna.
Così ne fa testimonianza nel catalogo del Museo del Tesoro del Duomo, da lei allestito presso il Battistero di San Giovanni in fonte e inaugurato nel settembre 1974: «appartiene alla chiesa parrocchiale di S. Maria di Sambuco, frazione di Fiamignano, dove chi scrive l’aveva insperatamente rinvenuta nel 1957 quando la località era raggiungibile solo a piedi. La gelosa affezione da parte della popolazione locale per la preziosa Madonna fedelmente custodita per secoli ne aveva allora drasticamente impedito la rimozione, per contro indispensabile all’attuazione del doveroso quanto urgente restauro che l’opera richiedeva. Soltanto dieci anni più tardi era possibile, con l’appoggio del Rev.do Parroco del luogo, ritirare la statuina e curarne il restauro (restauratore Gianfranco Pizzinelli), documentato nella relativa scheda del Catalogo della Mostra Romana del 1970, dove la statua veniva esposta».
Luisa Mortari evidenziava le condizioni dell’opera, appesantita dalle indorature settecentesche che celavano strati su strati di precedenti ridipinture.
Il restauro condotto da Pizzinelli sotto l’alta sorveglianza della stessa Luisa Mortari in qualità di Ispettrice della Soprintendenza restituì parte della policromia originale degli incarnati, della veste e del manto della Vergine e della vestina losangata del Bambino Gesù.
Già nella stesura della scheda di catalogo Luisa Mortari annotava: «l’indubbio livello qualitativo (del gruppo scultoreo) lo rende meritevole di uno studio particolareggiato, che ci si prefigge di condurre quanto prima attorno a questa acuta Madonnina trecentesca, sempre sfuggita alla critica specializzata, un gruppo di sculture lignee dell’Italia Centro-Sud, che sembra riflettere, come la presente opera, modi, sì, abruzzesi, ma anche una cultura più complessa, extraregionale, francesizzante».
A cura di Ileana Tozzi.