Confini è un romanzo avvincente e commovente. La vita di un uomo, legata a un campanile in un borgo senza tempo, squarci di vite che si ritrovano al di là di confini ritenuti invalicabili. Una lunga palizzata delimitava l’orto di Saturnino.
È questo il primo dei molti confini su cui si sofferma Lucia Valentini nel narrare la sua storia, e sui quali il protagonista ha costruito la propria esistenza ritirata. Baluardi da cui guardare il mondo e se stessi, spazi nei quali nessuno può entrare per rubare i pensieri, per spezzare le catene di una solitudine rassicurante.
Saturnino era stato concepito e poi partorito sulla cima di un campanile. Luna, sua madre, lo aveva battezzato lassù, sotto le stelle, e lo aveva chiamato come il pianeta “che ha le paturnie in capo”. Ma lui quella madre non l’aveva mai conosciuta, e di padri ne aveva tre, o forse non ne aveva nessuno. Era un uomo senza tempo: privo di radici, di un presente, di un futuro.
Ed è fra il cielo di quel campanile e le profondità di un pozzo che si dipana la sua storia oscura, manifestandosi per successive rivelazioni, forzando e varcando lentamente quei confini. Fino ad allargarli abbattendo ogni barriera, ritrovando il passato perduto. “Un campanile nel borgo senza tempo, una storia d’amore, il dolore dell’abbandono, il coraggio dopo uno stupro, squarci di vite che, dal dopoguerra in poi, tratteggiano i colori di esistenze i cui confini, travolti dal dolore, convergeranno in una scoperta nella caligine di un vecchio pozzo.”
La storia di Saturnino ci aiuta a comprendere come porci di fronte ai confini imposti dalla vita sia una sfida necessaria e ineludibile. È impossibile ignorarli, quei limiti: tentare di attraversarli, invece, un atto di coraggio.