Nel territorio di Contigliano sono i tre luoghi consacrati a San Michele arcangelo: si tratta dell’eremo di Sant’Angelo in Vetica già annoverato tra le chiese della diocesi reatina nelle bolle di Anastasio IV (1153) e di Lucio III (1182), registrato alla fine del XIV secolo come cappella di San Filippo della val Canera, più tardi abbandonato e ridotto a beneficio semplice, della chiesa di Sant’Angelo de Quintiliano registrata nel 1398 come cappella della chiesa di San Lorenzo e nel 1614 come chiesa del Vicariato di Poggio Fidoni, e della monumentale chiesa arcipretale e collegiata il cui transetto absidato domina la pianura sottostante includendo i resti degli antichi bastioni difensivi, progettata dall’architetto lombardo Michele Chiesa da Morbio, consacrata nel 1747 dal vescovo domenicano Serafino Antonino Camarda, che esercitò un ruolo determinante nella ricostruzione del patrimonio architettonico diocesano dopo i devastanti terremoti del 1703 e del 1710.
Dagli Atti della Visita Apostolica condotta a dieci anni dalla conclusione del concilio di Trento nel territorio diocesano reatino da monsignor Pietro Camaiani, vescovo di Ascoli Piceno, conosciamo a grandi linee l’assetto della preesistente chiesa di Sant’Angelo, già insignita del titolo di prepositura collegiata.
Il Visitatore trascorse il 28 gennaio 1574 tra Collebaccaro e Contigliano, definito come una terra fortificata ben popolata, dotata di una chiesa insigne retta da un arciprete, due canonici ed un buon numero di chierici. L’arciprete in carica, don Matteo Pesti, era nativo del luogo e giudicato appena tolerabilis quanto a formazione culturale e pastorale, dimostrando di leggere stentatamente il latino del catechismo e i repertori dei casi di coscienza.
La chiesa era grande e ben tenuta, ma piuttosto scura: era dunque il caso di scialbare e dipingere con immagini sacre le pareti entro la prossima mietitura.
Se tutto ciò non fosse stato realizzato, il Visitatore rimetteva al vescovo di Rieti, al tempo monsignor Alfonso Binarini, l’incarico di multare l’arciprete ed i canonici di 50 scudi da applicare al Seminario Diocesano, che vantava il primato dell’istituzione post tridentina.
Eppure la chiesa vantava quattro altari, rispettivamente intitolati all’Arcangelo Michele, alla Madonna del SS.mo Rosario, a San Vincenzo Ferrer, a San Tommaso.
L’altare di Sant’Angelo era spettante alla confraternita di Sant’Angelo del sacco, titolare dell’Oratorio omonimo in cui compiva le proprie riunioni e custodiva tuniche e stendardi.
Nel 1587, la Visita effettuata nelle diocesi umbre da monsignor Innocenzo Malvasia enumerava l’arciprete don Girolamo Picella, anch’egli contiglianese di nascita, i canonici don Giovanni Battista Tusco e don Simone Nerone, i chierici monsignor Giovanni Felice Sonanti, patrizio reatino, e don Antonino Totti da Spoleto.
Ancora un secolo, e la chiesa sarebbe stata ricostruita dalle fondamenta: nel 1683 il vescovo Ippolito Vincentini, patrizio reatino che resse la diocesi dal 1671 al 1701, benedisse solennemente la prima pietra della chiesa di San Michele Arcangelo concepita da Michele Chiesa, capomastro e architetto, come un monumentale edificio barocco capace di portare a sintesi i tratti peculiari dell’ambiente naturale e gli elementi architettonici preesistenti.
In particolare la basilica inferiore, dalle notevoli dimensioni, non assolveva soltanto al compito usuale di cella confessionis ma colmava il dislivello del piano stradale consentendo di aprirsi sulla piazza principale del paese al bel portale impaginato da semicolonne sulla facciata in pietra locale.
Da qui si accede ancor oggi alla basilica superiore concepita ad aula, su cui si aprono le cappelle gentilizie dalla pregevole decorazione in stucco.
Il cantiere fu sottoposto alla vigilanza dei sette deputati scelti ad onore delle sette allegrezze della Vergine Maria, incaricati di curare i rapporti con il Pio Governo e di sovrintendere ai lavori, conclusi solo dopo decenni: ma i risultati furono eccellenti, resi ancor più degni dalla raffinatezza degli arredi lignei, opera dell’ebanista Venanzio di Nanzio da Pescocostanzo e dal pregevole organo realizzato nel 1748 dai maestri organari Adriano e Ranuccio Fedeli.
Fu davvero il capolavoro di Michele Chiesa, morto a Contigliano ottantenne nel 1735
La pala dell’altare maggiore, intitolato a San Michele Arcangelo, è una ricca tela dalla cornice mistilinea opera dell’artista reatino Filippo Zucchetti (1640-1712) mirabilmente consolidata e riportata alle cromie originali agli inizi del Duemila sotto l’alta sorveglianza SABAP dalla compianta restauratrice Cecilia Gugliandolo, su incarico di monsignor Ercole Lapietra, per lunghi anni parroco di Contigliano e vicario generale della diocesi di Rieti. A cura di Ileana Tozzi.