La chiesa di Sant’Agnese, all’origine in via della Collina, fu costruita dopo l’incendio che alla fine del Quattrocento aveva distrutto l’insediamento duecentesco della comunità del Second’Ordine in Fondiano. Otto monache, ancora non vincolate alla clausura, sopravvissero alla disgrazia perché erano impegnate in attività di assistenza in città.
Furono così accolte generosamente nella casa natale della beata Colomba, che al tempo era a Perugia dove aveva fondato nei pressi del convento di San Domenico la comunità di Santa Caterina detta dal popolo delle Colombe.
Qui pazientemente ricostruirono il monastero e la chiesa, recuperando tutti i materiali di pregio rimasti illesi: tra questi, il bel portale romanico in pietra, affrescato alla metà del XVI secolo dai fratelli Torresani.
Nel corso del XVII secolo, sull’altare laterale destro fu collocato un pregevole dipinto tradizionalmente attribuito al romano Andrea Sacchi ma ricondotto dalla critica più recente al caravaggesco Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, attivo a Rieti nel primo quarto del Seicento, a cui è attribuita la tela dell’Angelo custode nella chiesa di San Ruffo e Carpoforo.
La tela, dall’armoniosa sagomatura mistilinea, raffigura un Santo apostolo,
Sant’Andrea o più attendibilmente, San Pietro in preghiera di fronte alla croce del suo martirio, donato alle monache di Sant’Agnese dalla famiglia Corona proprietaria del palazzo prospiciente alla chiesa di San Domenico dove aveva eretto una cappella gentilizia godendovi del diritto di sepoltura.
Intorno alla metà del XVIII secolo, quando le monache provvidero ad un impegnativo lavoro di riassetto della chiesa, Emanuele Alfani realizzò per l’altare laterale di sinistra un San Domenico delle stesse forme e dimensioni: cento anni più tardi, entrambi gli altari furono disposti così come a tutt’oggi li vediamo.
La cappella di sinistra mantenne il titolo di San Domenico, mentre quella di destra fu dedicata alla beata Colomba. Nei due nicchioni sovrastanti agli altari vennero inserite due statue, opera di Giovanni Collina, che riflettono pedissequamente il dettato iconografico ed agiografico ottocentesco.
Progressivamente, dunque, all’interno dell’aula dalle dimensioni modeste ma armoniose l’immagine venerata della beata Colomba s’impose alla devozione dei fedeli.
A cura di Ileana Tozzi