La fondazione di Belmonte nel corso del XIII secolo risale all’ultima fase dell’incastellamento in Sabina, benché vantasse antiche origini romane ed avesse parte della struttura feudale appartenendo ai Brancaleoni. Nel Quattrocento passò ai Cesarini, più tardi ai Mattei, ai Lante della Rovere e via via fino agli albori dell’unità d’Italia ai Muti Buzzi, ai Curti Lepri ai Lorenzana. Enumerata nel 1398 come cappella del convento di San Nicola de Lumbriculo, la chiesa del Santissimo Salvatore risultava già come parrocchiale il 4 febbraio 1574 quando fu ispezionata in occasione della Visita Apostolica compiuta da monsignor Pietro Camaiani nel territorio della diocesi per verificare lo stato di attuazione dei decreti del concilio di Trento.
In quel tempo, il castello dipendeva in temporalibus dall’illustrissimo feudatario Giovanni Giorgio Cesarini, in spiritualibus da don Francesco Narducci, rettore della chiesa da ventiquattro anni. Tenendo in cura d’anime all’incirca 80 famiglie, corrispondenti a quattrocento adulti in grado di frequentare la chiesa, il parroco fu giudicato rudis, del tutto ignaro del latino, ma pure l’edificio sacro aliquantulum distante dal paese era solido e pulito. Il Visitatore prescrisse di tumulare i defunti utilizzando lastre di laterizio o di pietra, di dotare il fonte battesimale con un coperchio piramidale simile a quello tanto apprezzato nella chiesa di San Michele Arcangelo di Greccio, di chiudere con le impannate le finestre della chiesa e del campanile, scongiurando gli effetti dell’umidità. Oltre a ciò, il parroco avrebbe dovuto acquistare entro la prossima Pasqua una nuova casula bianca completa di stola e manipolo ed un nuovo calice con la sua patena.
Presso la parrocchia erano attive due confraternite, l’una del Corpo di Cristo, l’latra della Santa Croce, dotate entrambe di una coppa di frumento. Monsignor Camaiani raccomandò che si evitassero le consuete feste popolari, utilizzando invece i sacconi e accompagnando devotamente il sacerdote quando avrebbe portato l’Eucaristia agli infermi.
Solo nel 1878, trasferendosi a Belmonte un organaro, finalmente il parroco don Domenico Vanzetti in collaborazione con il sindaco Antonio Rosatelli riuscì a riaggiustare la cantoria e dotare la chiesa di un organo in controfacciata.
I guasti del terremoto del 1898 provocarono la distruzione dell’organo. Soltanto nel 1923 su progetto dell’ingegnere Guglielmo Palombi di Roma sotto il controllo del Regio Genio Civile fu finalmente ricostruita la navata laterale della chiesa inchiavardata da solide catene in ferro e realizzato il soffitto a cassettoni.
Resta integro il catino absidale dipinto da un anonimo artista del XVI secolo, raffigurante San Giovanni Battista.
La pregevole croce astile della chiesa parrocchiale di San Salvatore fu realizzata in rame indorato lavorata a sbalzo, datata al 1547 con la dedica dei committenti DONUS TITIUS PETRI PAULI ET AIUTORIUS ANTONII FECERUNT FIERI, restaurata da Adolfo Franchi alla metà del XX secolo e recuperata da Luisa Mortari quando nel 1974 fu allestito il Tesoro del Duomo.
Nel 2003, fu esposta nel circuito delle oreficerie del Museo dei beni ecclesiastici della diocesi di Rieti voluto dal vescovo Delio Lucarelli, attualmente chiuso, in attesa di nuova collocazione.
A cura di Ileana Tozzi.