Arduino Angelucci, un talentuoso interprete dell’arte civile (1932-1972)
Nato nel 1901 a Rieti, ed a Rieti vissuto fino al 1981, il più talentuoso alla scuola di Antonino Calcagnadoro seppe però oltrepassare i limiti della città natale, riportandone i fermenti sperimentati altrove attraverso la personale esperienza mutuata dalla dialettica degli intellettuali di Strapaese e di Stracittà.
Proprio la personale visione di Angelucci riuscì a portare a sintesi alcuni degli aspetti più fecondi del Novecento, quando il pittore dette già le prime, convincenti prove dell’arte destinata a decorare i palazzi delle istituzioni.
Questa sarebbe diventata la sua cifra distintiva per quaranta anni, a Rieti dalle stanze della Prefettura nel 1932 alla sala consiliare della Cassa di Risparmio realizzata dal 1969 al 1972, passando poi a Palermo nel 1935 con l’aula magna dell’Università, a Roma tra il 1954 e il 1956 con la sala delle riunioni del Palazzo delle Foreste.
Gli anni della seconda guerra mondiale avrebbero lasciato irrisolto il lavoro ideato dall’artista nel 1939 per il salone d’onore del Palazzo Littorio di Bergamo e per la sala consiliare del Municipio di Rieti.
La decorazione del Palazzo del Governo di Terni, progettato nel 1936 da Cesare Bazzani, sarebbe stata distrutta durante i bombardamenti del 1944.
Poco più che trentenne, Arduino Angelucci si misurò convincentemente nella realizzazione delle sale del pianterreno di palazzo Vincentini all’Atrica, acquistato nel 1929 per dare sistemazione al Palazzo di Governo. Rieti aveva finalmente acquistato il ruolo che le competeva, come capoluogo di provincia.
L’edificio realizzato all’alba del Seicento dall’architetto Giovan Domenico Bianchi era stato decorato da Ascanio e Vincenzo Manenti secondo i dettami dell’epoca sospesa dal manierismo al barocco. L’opera di Arduino Angelucci fu distinta secondo due filoni, l’uno di carattere storico attraverso la monumentalità dei personaggi che fecero grande l’antica Reate, l’eclettico poligrafo Marco Terenzio Varrone eruditissimus dalla Repubblica al Principato e Tito Flavio Vespasiano, che restituì a Roma la pace dopo i torbidi dell’anno dei quattro imperatori, l’altro di carattere geopolitico, raffigurando gli stemmi dei principali comuni valorizzando gli aspetti del paesaggio.
L’artista fu capace di esprimere compiutamente il senso ed il significato non facile del motto Tota Sabina Civitas che dal 1923 aveva lasciato la secoli l’Umbria e dal 1927 aveva accorpato parte dell’Abruzzo Ulteriore Secondo per restituire unitarietà alla sigla SPQS, Senatus Populusque Sabinus.
Dal 1969 al 1972, l’arte figurativa di Arduino Angelucci poté sbrigliarsi compiutamente nelle tempere della sala consiliare della Cassa di Risparmio di Rieti, con le vele rappresentate dal lavoro dei campi, la serie dei mesi, la pesca al fiume, l’artigianato dei tessitori e dei vasai, la stagione della ricerca e della scienza esaltata dalla conquista dello spazio. La quarta vela raffigurava in sintesi il valore dell’amor materno, allegoria della terra madre.
I segni zodiacali del Cancro, dell’ Acquario, del Leone e del Toro furono infine dipinti sul soffitto. Nell’arco di quaranta anni, la visione civile di Arduino Angelucci fu coerente, corroborata da concetti mai superati.
La lodevole iniziativa dell’amministrazione comunale di Rieti che giovedì 30 maggio ha deliberato all’unanimità la cessione di alcune opere di Arduino Angelucci da parte della famiglia consente di conoscere da vicino una pagina importante del regesto dell’artista, prolifico interprete delle arti figurative del Novecento. Le opere di Arduino Angelucci donate al Comune di Rieti – i cartoni preparatori ispirati al sacrificio della Grande Guerra, i tondi del Ver Sacrum e del lavoro umano – consentiranno dunque a conoscere e considerare criticamente il valore dell’artista, dialogando con l’ispirazione di Antonino Calcagnadoro all’interno della sala consiliare. A cura di Ileana Tozzi.
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