La tradizione vuole che tra il V e il VI secolo il monaco orientale Lorenzo Siro in fuga dalle persecuzioni di Anastasio I sia stato eletto vescovo della diocesi suburbicaria di Forum Novum ed abbia fondato un romitorio intitolato alla Madonna lungo il corso del Farfa, alle pendici del monte San Martino.
Il cenobio fu distrutto dai Longobardi e abbandonato durante la seconda metà del VI secolo e fu ricostituito da Tommaso di Morienne, di ritorno dalla Terrasanta, sotto la protezione dei duchi di Spoleto.
L’abbazia di Farfa, dotata di un importante scriptorium, divenne ben presto un centro culturale di prim’ordine al punto da originare al tempo dell’abate Alano un proprio carattere di scrittura.
Nel 775 Carlo Magno pose l’abbazia sotto il diretto controllo franco mediante la concessione della defensio imperialis.
Nell’898, le incursioni saracene travagliarono la vita dell’abbazia, a lungo assediata e in seguito abbandonata dai monaci. Ricostituita per la terza volta, dopo un periodo di ingovernabilità, nel 947 con la nomina dell’abate cluniacense Dagiberto fu avviata la ripresa consolidata nel 998 dall’abate Ugo che con il Constitutum Ugonis impose all’abbazia la riforma cluniacense. Nel corso dei secc. XI-XII Farfa si affermò come centro culturale a cui dette particolare impulso l’opera di ricerca storica e archivistica di Gregorio da Catino (1060-1132).
La storia travagliata dell’età medievale lascia traccia nelle strutture del complesso abbaziale con gli edifici dedicati alla vita materiale, amministrativa e spirituale della comunità monastica ben ordinati intorno al chiostro.
La basilica a croce latina a tre navate, ricostruita nel XVI secolo inglobando parte delle antiche strutture, è al centro del complesso.
Si accede al sagrato varcando il monumentale portale romanico-gotico in marmo bianco scolpito da Anselmo da Perugia che incide il suo nome sull’architrave.
La facciata a salienti, con i tre oculi corrispondenti alle navate dell’aula, presenta anch’essa un maestoso portale sormontato dallo stemma degli Orsini.
La lunetta dipinta nella mandorla presenta l’immagine della Madonna con il Bambino, San Benedetto e Santa Scolastica, il committente in ginocchio.
L’aula basilicale dall’impronta barocca post-tridentina presenta in controfacciata il Giudizio Universale firmato dal fiammingo Broeckvan den Hendrik datato al 1561.
L’altare maggiore in marmi mischi è sormontato da un imponente ciborio, opera settecentesca del marmorario reatino Stefano Miniucchi.
Il coro dei monaci con gli stalli lignei barocchi è disposto nell’abside poligonale.
Rimane soltanto una delle due torri campanarie erette nel IX secolo, documentate dagli stemmi dell’abbazia.
Il muro perimetrale e il basamento della torre conservano i tratti propri dell’architettura carolingia, il terzo ordine con le eleganti trifore della cella campanaria fu costruito in secoli successivi.