Nasce casualmente in provincia di Udine, a Paulara, il 20 novembre del 1925, in quanto il padre militare nel corpo della Guardia Forestale era momentaneamente dislocato nella località friulana. Ben presto però la famiglia si trasferisce a Rieti e nel capoluogo laziale Manlio si formerà come uomo e come sportivo.
Alla cittadina laziale Manlio rimarrà sempre legato. Rieti sarà sempre un punto di riferimento durante gli spostamenti che la vita sportiva gli impone. Una sorta di rifugio e del resto non gli si può proprio dare torto: anche San Francesco decise di soggiornare lungamente da queste parti. A Rieti, soprattutto, Manlio incontra la donna della sua vita: Angela. A Rieti, negli anni dei suoi successi calcistici, si rifugia per riabbracciare il fratrello Loris (figura altrettanto importante dello sport reatino, ex calciatore e dirigente del C.O.N.I) e ritrovare i vecchi amici.
Il giovane Scopigno studia e gioca con profitto. Calcisticamente si forma nel Rieti, allora militante in serie C. E’ un terzino dall’incedere elegante, non è un ringhioso cagnaccio da guardia come la maggior parte dei difensori di quegli anni. Il piede del giovane è morbido, quando si muove non calpesta l’erba, l’accarezza, la sua falcata taglia l’aria e quando stacca di testa sembra leggero come un ballerino. Ad alcuni ricorda il leggendario Maroso, eroe del grande Torino.
Sono anni duri, anni di guerra. Finito il conflitto, Manlio è diventato un uomo e il Rieti ha cambiato nome in Vaccarezza Rieti e milita in serie B. Dopo un paio di stagioni, il suo nome finisce sul taccuino di squadre più importanti come la Salernitana. In Campania disputa tre brillanti stagioni, così buone da essere notato dall’occhio esperto dell’ex campione del mondo Monzeglio, che lo fa acquistare dal Napoli. Sembra la svolta della sua carriera. La sfortuna, però, è in agguato: un terribile incidente pone fine alla sua avventura di giocatore.
Manlio si trova davanti ad un bivio: continuare gli studi universitari o provare a vivere di calcio. Il pallone ha la meglio. All’inizio qualche panchina nelle serie minori, poi la svolta. Conosce Lerici, allenatore del Lanerossi Vicenza, ad un corso allenatori. I due diventano amici e Lerici gli chiede di andare in Veneto per fargli da secondo. Manlio accetta con entusiasmo, sarà la sua fortuna.
Dopo qualche stagione Lerici viene esonerato e consiglia ai dirigenti di riporre la loro fiducia nell’amico. La fiducia sarà ben riposta: i biancorossi diventeranno la regina delle provinciali. Tanti bei campionati col lancio di ragazzi interessanti (Savoini, Campana, Vastola) e il recupero di vecchi campioni (Vinicio su tutti). Per Manlio si aprono le porte del Bologna. Sarà una stagione sfortunata, finita con un esonero.
Poco male, lo chiama il Cagliari. In Sardegna Scopigno costruisce il capolavoro della sua carriera: continua il lavoro del suo predecessore Silvestri e conduce il Cagliari, nel giro di pochi anni, allo storico scudetto del 1970. Parliamo del Cagliari di Gigi Riva, di Cera, di Greatti, di Albertosi, Niccolai, Nenè e Domenghini, una delle squadre più belle che la storia del nostro calcio possa ricordare. Dopo i trionfi di Cagliari verranno anni bui: la Roma, il ritorno a Vicenza e la malattia. Manlio ci lascia il 25 settembre del 1993. Il Comune ha dedicato in sua memoria lo Stadio di calcio, per dire grazie per quello che ha fatto per Rieti e per lo sport nazionale.
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